L’impulsività è una caratteristica presente in ogni essere umano. In alcune situazioni, agire d’istinto può essere utile — come quando dobbiamo reagire rapidamente a un pericolo. Tuttavia, quando diventa uno stile di comportamento abituale, l’impulsività può compromettere il benessere personale, le relazioni e il funzionamento quotidiano. Comprenderla è il primo passo per imparare a riconoscerla e, se necessario, gestirla.
L’impulsività è una dimensione del comportamento umano che tutti conosciamo: agire d’istinto, parlare prima di riflettere, prendere decisioni senza considerare le conseguenze. Sebbene in alcune situazioni l’impulsività possa sembrare una risposta utile e adattiva – ad esempio in caso di emergenze o per cogliere opportunità improvvise – in molti altri contesti essa può rappresentare un ostacolo alla regolazione emotiva, alla progettualità e alla qualità delle relazioni interpersonali.
L’impulsività è definita come la tendenza ad agire in modo rapido, senza riflettere a sufficienza sulle conseguenze delle proprie azioni (Evenden, 1999; Griffin et al., 2017). Può manifestarsi come difficoltà a trattenersi dal dire o fare qualcosa di inopportuno, preferenza per gratificazioni immediate a scapito di benefici futuri, oppure incapacità a tollerare la frustrazione o l’attesa (Evenden, 1999). Non è un tratto unitario, ma un costrutto multifattoriale, che include tre sottotipi e almeno quattro dimensioni principali:
Sottotipi:
Dimensioni principali:
L’impulsività non è un disturbo in sé, ma è considerata un sintomo transdiagnostico, ovvero presente in molte condizioni psicopatologiche diverse (Beauchaine et al., 2017; Pearlstein et al., 2023). Secondo Kısa et al. (2005), si riscontra frequentemente nei disturbi del controllo degli impulsi (come gioco d’azzardo patologico, cleptomania, tricotillomania), nei disturbi di personalità (soprattutto borderline e antisociale), nel disturbo bipolare, nel disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), nei disturbi dell’alimentazione, nei disturbi da uso di sostanze e nella depressione.
L’impulsività è un elemento chiave nei disturbi dell’autocontrollo e della regolazione comportamentale, come il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD), il Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP) e i disturbi della condotta (DC). In questi casi, essa si manifesta attraverso comportamenti disinibiti, reattivi e spesso conflittuali (Beauchaine et al., 2017; Barać & Vulić-Prtorić, 2023).
Nel disturbo borderline di personalità, è associata a comportamenti autolesivi, aggressività reattiva e instabilità nelle relazioni (Choudhury et al., 2020).
Nel disturbo bipolare, l’impulsività è un tratto centrale, soprattutto durante gli episodi maniacali, in cui si manifesta come impulsività motoria, decisionale e non pianificata (Swann et al., 2008; Azzam et al., 2019).
In disturbi come la bulimia nervosa o i disturbi da alimentazione incontrollata, l’impulsività è spesso presente sotto forma di difficoltà nel contenere gli impulsi alimentari, in particolare in risposta a emozioni negative (Mallorquí-Bagué et al., 2020).
L’impulsività gioca un ruolo chiave anche nelle dipendenze da sostanze e comportamentali (gioco d’azzardo, pornografia, acquisti compulsivi), dove contribuisce alla ricerca immediata di piacere, spesso a discapito del benessere a lungo termine (Brooks et al., 2017; Bőthe et al., 2018). L’impulsività può essere sia un fattore predisponente che una conseguenza dell’uso cronico di droghe, per effetto dei cambiamenti neurobiologici nelle aree della gratificazione e del controllo (Dalley & Roiser, 2012).
Anche nei disturbi internalizzanti, come la depressione e l’ansia, sono state osservate forme di impulsività, in particolare quella legata alle emozioni intense (Pearlstein et al., 2023; Johnson et al., 2013). L’urgenza emotiva può portare a comportamenti disfunzionali come l’evitamento, l’autolesionismo o l’uso di sostanze. Alcuni tipi di impulsività, in particolare quella emotiva, sono frequenti e possono aggravare la sintomatologia (Cosi et al., 2011).
Questa ampia presenza suggerisce che l’impulsività non vada considerata solo come un tratto di personalità, ma come un fenomeno psicologico che può avere basi neurobiologiche comuni, coinvolgendo sistemi cerebrali come il circuito frontostriatale, la corteccia orbitofrontale e il sistema limbico (Hollander & Evers, 2001; Yazici & Yazici, 2010).
L’impulsività può influire negativamente su molte aree della vita:
Ma è anche vero che non sempre l’impulsività è disfunzionale: in alcuni casi può contribuire a comportamenti creativi, a una maggiore spontaneità o all’adattamento in contesti ad alto stimolo. La chiave è capire quando diventa disfunzionale, ovvero quando compromette il funzionamento personale, sociale o lavorativo.
Comprendere la natura dell’impulsività è essenziale non solo per chi lavora in ambito clinico, ma anche per genitori, insegnanti e tutti coloro che si confrontano con comportamenti problematici nei contesti quotidiani. Riconoscere i segnali di impulsività può:
L’impulsività è una caratteristica universale e multidimensionale del comportamento umano. Se ben modulata, può contribuire alla spontaneità e alla creatività; se disregolata, può interferire con il funzionamento quotidiano e il benessere psicologico. Comprendere l’impulsività e il suo ruolo nei diversi contesti clinici è il primo passo verso una maggiore consapevolezza di sé e degli altri.
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