Da dove arrivano i nostri comportamenti?

Tutti i comportamenti che ognuno di noi mette in atto ogni giorno non sono frutto di fatalità, non derivano da cause misteriose e sconosciute ma derivano da specifici apprendimenti.

Tutti i comportamenti che ognuno di noi mette in atto ogni giorno non sono frutto di fatalità, non derivano da cause misteriose e sconosciute ma derivano da specifici apprendimenti.

Per  apprendimento si intente una modificazione del comportamento che consegue a, o viene indotta da, un’interazione con l’ambiente, ed è il risultato di esperienze che conducono allo stabilirsi di nuove configurazioni di risposta agli stimoli esterni.

Lo studio dell’apprendimento diventa centrale con l’avvento del comportamentismo negli anni 1930-1950, in quanto i suoi esponenti sostenevano che “si può (e si deve) studiare solo ciò che è osservabile”.

I movimenti filosofici che hanno influenzato il comportamentismo sono molteplici.

  •   Dall’empirismo, il comportamentismo ha attinto l’anti-innatismo, derivante da Locke. Secondo questo approccio, l’uomo nascerebbe tabula rasa ma con un’enorme capacità di apprendimento con la quale acquisire concetti, valori, stili di personalità, etc.. Anche la visione della mente come una rete associativa deriva da questa corrente, grazia alla quale sensazioni e idee entrano sinergicamente in rapporto tra loro creando costruzioni cognitive sempre più complesse. Inoltre, ha fatto suo il metodo scientifico, sostenuto da Hume, il quale sperava in una sua possibile ed auspicabile generalizzazione al mondo dei comportamenti umani.
  •   Dal sensismo e materialismo francese hanno fatto suo due aspetti. Il primo è il monismo materialistico, secondo il quale oltre alla materia non esiste nulla. Viene, dunque, negata l’esistenza di entità spirituali e tolto qualsiasi fondamento all’esistenza della mente, concettualizzata come un qualcosa di separato e indipendente rispetto al sistema nervoso centrale. Il secondo aspetto è la passività dell’organismo: La Mettrie sosteneva che l’uomo è una macchina, per cui “è sufficiente premere un bottone per ottenere una risposta”, ovvero basta presentare uno stimolo per elicitare nell’uomo una risposta.
  •   Dall’evoluzionismo di Darwin ha ripreso concetti quali: la selezione naturale, ovvero l’importanza dell’ambiente e della sua capacità di favorire il processo di selezione della specie; il focus comportamentale, ovvero concentrarsi sul comportamento rispetto ad elementi a forte carica inferenziale; l’adattamento, ovvero i processi attraverso i quali l’organismo cerca di adattarsi alle richieste dell’ambiente; e la continuità inter-specie, ovvero il fatto che tra specie collocate su livelli filogeneticamente diversi esisterebbe continuità per quanto riguarda l’evoluzione biologica, cognitiva e comportamentale.
  •   I contributi provenienti dal positivismo:

                  - Fenomenalismo: non esiste alcuna differenza tra essere e fenomeno; l’essere è il                     fenomeno. È solo questo che può essere osservato.

                  - Nominalismo: ogni ipotesi, intuizione o teoria formulata in termini generali deve avere                     come corrispondente solo eventi concreti e specifici.

                  - Neutralità della conoscenza scientifica: i dati dell’esperienza non contengono qualità                     esprimibili con termini con valenza etica come “buono” o “cattivo”. La conoscenza                     scientifica è immune da “inquinamenti” provenienti da altri campi (sociale, politico...).

                  - Unitarietà del metodo scientifico: il metodo scientifico vale indipendentemente dal                     contesto in cui viene applicato.

                  - Riduzionismo: modalità di classificazione delle scienze proposta da Compte, ora superata                     ma comunque interessante. Egli poneva come scienza di base la fisica, mentre quelle di                     superficie erano la psicologia e, più in alto, la sociologia. La caratteristica di questa                     concettualizzazione è la possibilità di ricondurre dati, leggi e generalizzazioni empiriche                     dalle scienze di superficie a quelle più profonde senza che vi sia una perdita di significato.

  •   Dal prammatismo ha fatto suo: il praticalismo, che consiste nella pressione esercitata sul ricercatore affinché indichi promettenti strade d’intervento sociale, pedagogico o terapeutico; e la semiotica, che si fonda su una particolare definizione di significato secondo la quale esso sarebbe “semplicemente l’abitudine che esso comporta” [...] “intendendo con abitudine una disposizione a rispondere ad un certo tipo di stimolo in un certo modo”.

L’intreccio dei fattori alla base della terapia del comportamento:

Il primo tassello riguarda gli antecedenti filosofici.

Il secondo descrive i diversi elementi che caratterizzano il comportamentismo o, meglio, alcuni filoni comportamentistici.

Il terzo ha a che vedere con la dimensione operativa, ovvero evidenzia ciò che deve essere primario oggetto di osservazione o intervento del terapeuta.

I tasselli collocati al di sopra indicano gli aspetti culturali che hanno influenzato e sono stati influenzati dal comportamentismo.

All’interno del comportamentismo si sono strutturati tre principi cardine: il condizionamento classico, operante e vicario.

Bibliografia

·      Meazzini, P., Carnevali, F. (2019). Dal comportamentismo alla terapia del comportamento. FrancoAngeli Editore.

·       Zorzi, M., Girotto, V. (2004). Manuale dipsicologia generale. Il Mulino, Bologna.

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