La vita è fatta di cambiamenti. Alcuni li scegliamo – come un nuovo lavoro, una relazione o un trasferimento – altri ci piombano addosso senza preavviso: una separazione, una malattia, una perdita. Tutti, però, hanno qualcosa in comune: ci mettono alla prova, ci costringono a cambiare prospettiva e a ridefinire chi siamo. Come possiamo affrontare questi passaggi senza esserne travolti? Cosa dice la psicologia sulle transizioni di vita e su come gestirle?
Secondo Brammer (1992), le transizioni sono rotture significative con il nostro passato, che richiedono una riorganizzazione dei pensieri, delle emozioni e dei comportamenti. Ogni cambiamento – dal diventare genitori, al pensionamento, a un lutto – ci spinge a lasciar andare qualcosa e ad accogliere il nuovo, anche quando non siamo pronti (Brammer, 1992).
Le transizioni generano un disequilibrio cognitivo ed emotivo, una sorta di “scossa interiore” che può portare stress, ansia o senso di confusione. Come sottolinea Healy (1989), in questi momenti i nostri schemi mentali non sono più sufficienti, e dobbiamo sviluppare nuove strategie per affrontare la realtà (Healy, 1989).
Non tutti i cambiamenti sono negativi, ma anche quelli desiderati possono destabilizzarci. Il segreto non è evitarli, ma interpretarli come occasioni di evoluzione. Le ricerche di Moos e Schaefer (1986) mostrano come eventi di vita stressanti – come un lutto o un divorzio – possano anche innescare maturazione, resilienza e riorganizzazione dei valori personali (Moos & Schaefer, 1986).
Come sottolinea William Bridges (1980), ogni cambiamento comporta tre fasi: una fine, una zona neutra, e un nuovo inizio. La zona neutra può sembrare vuota, ma è in realtà uno spazio fertile dove qualcosa di nuovo sta già germogliando (Bridges, 1980).
I cambiamenti fanno parte della vita, ma non dobbiamo affrontarli da soli. Con il giusto supporto e strumenti psicologici, anche le transizioni più difficili possono diventare tappe fondamentali nella nostra crescita personale.
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